È bello osservare la meravigliosa
armonia del mondo, anche in questa desolazione di morte, quando si
libera di un'aberrazione come quella del demone che avevamo appena
sconfitto: le piante che sembrano odorare più forte, gli augellini
che cantano, il rivo che gorgoglia dipresso, i vasti seni di Itomi
che danzano ad ogni passo di lei nel sollievo della salvezza. Ella ci
ringraziava quasi saltellando e ci invitava ad andare al suo
villaggio, Jaigo, dove suo padre, il capo villaggio, avrebbe saputo
come ricompensarci, anche se noi protestavamo che non era il caso di
incomodare suo padre per la ricompensa: poteva pensarci lei.
Fatto sta che, dopo che Hiroshi
ebbe tagliata la testa al demone, ci avviammo verso il villaggio, fra
le ridenti colline. Era un vero peccato quanto poco si badasse a
piante, augellini e rivo: forse ci saremmo lasciati pervadere da
sentimenti di pace e non da quelli che ci presero in effetti.
Comunque, era bello constatare che rispetto a quando eravamo vivi non
eravamo cambiati poi molto, quanto ad istinti. Nacque così una dotta
disquisizione sulla possibilità o meno dei morti di poter ancora
amare, ancora avere un'erezione: c'era chi lo negava, per mancanza di
circolazione sanguigna; chi asseriva che invece avevamo ancora sangue
in noi, e che a comunque avevamo il controllo sui nostri arti. Alla
fine, Takeshi risolse la questione guardandosi nei pantaloni.
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