Pochi
attimi dopo veniamo fermati dal capo delle guardie con la scorta, che
chiede chiarimenti su cosa è accaduto. Cerchiamo di continuare la farsa
dei mercanti, ma il comandante capisce che non lo siamo. E’
difficile nascondere il fatto che siamo eroi, come tigri che cercano
con un lenzuolo bianco di farsi passare per pecore, ma purtroppo i
denti si vedono subito aprendo le fauci. Sasaki parla con il
comandante chiedendogli chi fosse il morto senza occhi con cui avesse
combattuto. Lui risponde essere un nobile e morti come lui se ne
registrano da tre settimane con cadenze di una ogni tre giorni. Tutte
le vittime sono senza occhi e tutti nobili. Dichiara apertamente che
la milizia sta indagando, ma che fino ad oggi non si è scoperto
nulla di più.
Ci
lascia quindi andar via, ma le indicazioni, che ci dà, ci portano in
un vicolo chiuso e lui con le guardie e decine di arcieri ci attende.
Ci chiede chi effettivamente siamo e parla anche di un crollo di un
palazzo e di una persona in fiamme. Il maestro dice di essere
“Kojiro”, ma il comandante ride e dice si essere lo Shogun. A
tale oltraggio non resisto e per uscire da tale impiccio prendo la
parola. Dico al comandante che ci occuperemo del loro problema delle
vittime con gli occhi e una volta risolto ci lascerà andare. In quel
momento capisco che quella freccia scoccata ha salvato tutti noi.
Come fulmine di temporale notturno illumino e taglio l’oscura
situazione.
Vedo
che il maestro è fiero di me e i miei compagni rimangono senza
parole, probabilmente perché anche loro si sono accorti del mio
coraggio.