martedì 16 febbraio 2016

Anche Buddha fu una volta un uomo comune

Proseguimmo fino a sera, quando incontrammo un tizio, anche lui kami come noi, con un gran cappello di paglia: solo dopo che gli avemmo rivelato le nostre identità, ci svelò la sua. Per accertarsi che Sasaki fosse veramente chi affermava di essere, lo sfidò anche in un duello rituale nel quale entrambi mostrarono straordinaria capacità nell'uso della katana.
Egli era il leggendario ronin Batto (uno che massacra anche i vivi malvagi), il quale ci rivelò di essere partito dal tempio di Ise proprio alla ricerca dei discendenti di Goromaru, che, a suo dire, molti volevano morti, ma non sapeva perché. Diciamo che avrebbe dovuto arrivare in tempo per trovarli ancora vivi e “salvarli da un atto inaudito di crudeltà”, ma Kyoto era lontana da Nomekualsiasj, e ad ogni modo meglio morti che niente.

Ci propose dunque, per saperne di più, di raggiungere la Sacerdotessa di Ise, da lui definita (con scarso rispetto per l'Imperatore) “l'unica figura nobile del Giappone”.

lunedì 8 febbraio 2016

Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero

Intanto, il villaggio continuava ad essere una sorta di attrattiva locale: poco dopo Ataru, si presentò un tizio bardato da capo a pieni di un'armatura samurai come la nostra, che era evidentemente un Kami come noi dal momento che non percepivamo la sua presenza.
«Sono Sasaki Koijro», dichiarò pieno di orgoglio.
Un nome familiare. Fu però Takeshi a raccontare con saccenteria la sua storia: Sasaki Koijro era un antico samurai, valorosissimo ed imbattibile finché non si fece attrarre in una palude dove affogò con l'aiuto di un semplice colpo di bastone. Un valorosissimo, ma magari non il migliore degli strateghi, ecco.
In quel momento, avvertimmo la fame. La fame tremenda dei morti, che non poteva essere saziata da nessun sushi o banchetto nuziale. Mentre soffrivamo, Sasaki cominciò a predicare che dovevamo superare la prova della fame per diventare Ronin, altrimenti avremmo ceduto alla tentazione di mangiare i vivi (mentre avremmo dovuto limitarci a quelli offertici in ricompensa o a coloro che ci avrebbero attaccato).

Fatto sta che partimmo affamatissimi sulle tracce lasciate dai nostri aggressori.

Cammina cammina, avvertimmo un gruppo di vivi in arrivo. Ci nascondemmo fra le frasche, salvo Takeshi che si mise in evidenza fra le frasche, in un patetico tentativo di nascondersi. Fatto sta che quando arrivò il gruppo di vivi, che poi erano un gruppo di sanguisughe, gli passarono oltre sbeffeggiandolo, sapendo che i Ronin non possono nuocere ai vivi.
Quando il nostro pranzo sembrava oramai essere passato oltre, accadde una cosa stranissima: l'ultimo della fila si girò, sguainò la spada e camminò, con passo incerto, verso Takeshi; quindi, lo colpì pianissimo con la spada, implorando al contempo pietà con una voce terrorizzata. A ogni buon conto, ci aveva attaccato: accorremmo tutti in aiuto di Takeshi, uccidemmo e divorammo lo sventurato ma appetitoso vivo. In realtà, Ataru prima chiese il permesso due volte.

martedì 2 febbraio 2016

La moglie e il tatami sono meglio quando sono nuovi

La nostra prima occupazione fu, quindi, di ridurre a pezzi i vari membri della famiglia Goromaru, servitù compresa; poi girammo per il paese: la strage degli abitanti era stata completa, ma non c'era traccia degli aggressori, che dovevano essere bene organizzati, perché quasi tutti erano stati uccisi con un solo proiettile. Alcuni roghi erano stati predisposti, ma evidentemente le Sanguisughe erano state disturbate (da chi?), perché non avevano compiuto la loro opera. Solo i nostri corpi, però, erano stati composti: come se fossero venuti esplicitamente a cercare proprio noi. Strano a dirsi, non avevano razziato le ricchezze di casa Gorumaru.
Ad interrompere la nostra operazione di riequilibrio fra morti e vivi, rendendo i morti del tutto morti, fu il promesso sposo, Ataru, che si presentò ancora col kimono da sposo, tutto insanguinato: morto e consapevole pure lui. Piangeva disperato. Anche lui, pur trovandosi in un'abitazione poco distante in attesa di convolare a nozze, aveva vissuto una notte di massacro e al risveglio la sua sposa era sparita: non si trovava né fra i vivi, né fra i morti.
La morte non ci aveva reso meno signorili, sicché evitammo ogni commento su quanto fosse condivisibile la scelta dei briganti di non uccidere quel gran Fiore di Pesca.

Cercammo di mettere assieme gli spezzoni di quella notte, ed emerse che chi ci aveva attaccato vestiva abiti con un'insegna militare, quella dell'unità 731.



Shoji Ito