lunedì 8 febbraio 2016

Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero

Intanto, il villaggio continuava ad essere una sorta di attrattiva locale: poco dopo Ataru, si presentò un tizio bardato da capo a pieni di un'armatura samurai come la nostra, che era evidentemente un Kami come noi dal momento che non percepivamo la sua presenza.
«Sono Sasaki Koijro», dichiarò pieno di orgoglio.
Un nome familiare. Fu però Takeshi a raccontare con saccenteria la sua storia: Sasaki Koijro era un antico samurai, valorosissimo ed imbattibile finché non si fece attrarre in una palude dove affogò con l'aiuto di un semplice colpo di bastone. Un valorosissimo, ma magari non il migliore degli strateghi, ecco.
In quel momento, avvertimmo la fame. La fame tremenda dei morti, che non poteva essere saziata da nessun sushi o banchetto nuziale. Mentre soffrivamo, Sasaki cominciò a predicare che dovevamo superare la prova della fame per diventare Ronin, altrimenti avremmo ceduto alla tentazione di mangiare i vivi (mentre avremmo dovuto limitarci a quelli offertici in ricompensa o a coloro che ci avrebbero attaccato).

Fatto sta che partimmo affamatissimi sulle tracce lasciate dai nostri aggressori.

Cammina cammina, avvertimmo un gruppo di vivi in arrivo. Ci nascondemmo fra le frasche, salvo Takeshi che si mise in evidenza fra le frasche, in un patetico tentativo di nascondersi. Fatto sta che quando arrivò il gruppo di vivi, che poi erano un gruppo di sanguisughe, gli passarono oltre sbeffeggiandolo, sapendo che i Ronin non possono nuocere ai vivi.
Quando il nostro pranzo sembrava oramai essere passato oltre, accadde una cosa stranissima: l'ultimo della fila si girò, sguainò la spada e camminò, con passo incerto, verso Takeshi; quindi, lo colpì pianissimo con la spada, implorando al contempo pietà con una voce terrorizzata. A ogni buon conto, ci aveva attaccato: accorremmo tutti in aiuto di Takeshi, uccidemmo e divorammo lo sventurato ma appetitoso vivo. In realtà, Ataru prima chiese il permesso due volte.

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