mercoledì 27 aprile 2016

Perfino un cocchiere sta meglio in divisa

 Risolta l'Oscura Questione della Pettoruta (ex) Vergine ci allontanammo dal villaggio, con maggiore o minore soddisfazione, alla volta del tempio che rappresentava la nostra meta. Mille domande si sovrapponevano nella nostra mente inquieta: perché la fu ex futura moglie di Ataru ci seguiva? Avremmo ancora visto seni come quelli di Hitomi? Chi voleva la morte dei Gorumaru? Avremmo ancora visto seni come quelli di Hitomi? Perché? E perché qualcuno voleva la morte dei Gorumaru? Takeshi aveva veramente posseduto Hitomi? Ma soprattutto, avremmo ancora visto seni come quelli di Hitomi?
Mentre così ci interrogavamo, senza avere risposte, ci addentrammo nella foresta che ci sparava da Nagasaki. Improvvisamente, percepimmo la presenza di un vivo, ma non riuscivamo a vederlo: era nascosto benissimo. Ataru ci fece segno di proseguire, come se nulla fosse: lui avrebbe aggirato e catturato l'uomo. Noi continuammo, mentre lui spariva fra le frasche.
Ed ecco, una successione di suoni: il grugnito di un cinghiale; uno sparo che esplodeva nella nostra direzione; un grido “Fermi! A quale unità appartenente?”; il fischio di una fune; l'urlo di Ataru. Ci voltammo in direzione del grido: davanti a noi, stava in piedi un ometto, con un fucile dell'ultima guerra in mano e una fascia col Sol Levante intorno alla testa. Alcuni metri dietro di lui, Ataru appeso ad un ramo tramite una corda che gli legava le gambe. Era una trappola a lazo. Astuto l'ometto. Nonostante tecnicamente ci avesse attaccato, ne fummo così ammirati da risparmiarlo.
Hiroshi cominciò a qualificarsi con i suoi gradi, e allora l'ometto depose l'arma, dichiarando di essere il Tenente Curte San, dell'Esercito Nipponico, in missione speciale dal 1942. Quindi ci indicò quale strada seguire e sparì, lesto, in un cespuglio.
Nuovo urlo di Ataru, che scendeva di schianto dal ramo tagliando la fune, e fummo pronti a ripartire.


mercoledì 20 aprile 2016

Batti il ferro finché è caldo

Siccome i bisbigli ci avevano incuriosito, decidemmo di sfruttare il fatto di essere ancora abbastanza ben conservati e di essere comparsi agli abitanti del villaggio solo nascosti da pesanti armature complete per tornare, spacciandoci per vivi, fra quei paesanotti e saperne di più. Poco lontano, trovammo un lago, presso il quale nascondemmo le armature e ci apprestammo a lavarci.
Hiroshi, poco lontano da noi, improvvisamente vide un gruppo di donne, accompagnate da alcuni guerrieri, intente a lavare. Non potendo nascondersi, decise di andare loro incontro, raccontando una storia: disse che eravamo stati aggrediti da alcuni banditi, che avevano trucidato la nostra scorta e rubato i nostri cavalli, e chiese asilo.
Gli uomini furono cortesi, ci portarono al villaggio di Jaigo e qui ci introdussero al capo, felicemente ricongiunto con la prosperosa figliola (che da subito cominciò a guardarci con interesse), che fu ancora più cortese quando scoprì che eravamo dei Goromaru, partiti dal nostro paese (così dicemmo) pochi giorni prima. Il vecchio assunse un'aria contrita nel dirci che il nostro villaggio era stato aggredito, che tutti erano morti.
Oltre a ciò che già sapevamo (ma fummo magistrali nel recitare la parte degli stupiti e addolorati) ci disse anche che nei mesi precedenti, alle riunioni dei capi villaggio, capoclan Goromaru gli aveva parlato di un affare, che aveva inteso essere pericoloso e lucroso, ma non aveva spiegato i dettagli, e lui del resto non aveva voluto entrarci. Che fosse quella la causa della strage?
Con altre astute domande venimmo anche a sapere chi era quella ragazza di cui avevamo sentito bisbigliare: una bella donna che si era presentata al villaggio due giorni prima, aveva fatto previsioni riguardo all'arrivo di tre Kami che avrebbero sconfitto il demone e aveva detto di guardarsi da loro. Poi era sparita. Come sappiamo, i fatti si erano realizzati. Ma l'aspetto inquietante era che la descrizione della donna coincideva perfettamente a Fiore di Pesca, la promessa sposa di Ataru (la quale aveva del resto vistose caratteristiche inconfondibili): evidentemente, ci aveva seguiti. E, se non ci eravamo accorti di lei, doveva essere morta.

Dopo questa conversazione, andammo a fingere di dormire una notte tranquilla, per poi ripartire il mattino dopo, alla ricerca di qualcuno che potesse darci ulteriori dettagli sugli affari di Goromaru, possibilmente sulla strada per Nagasaki. Appena usciti, per inciso, Takeshi cominciò a raccontarci una vicenda a cui nessuno dette credito, la cui trama era evidentemente tratta da un film erotico: a suo dire, l'avvenente fanciulla da noi salvata si era presentata al suo letto con un coltello, l'aveva prima minacciato con la lama dichiarando di averci riconosciuti, per poi far sparire il coltello con un gioco di prestigio, scivolar fuori dal chimono e, con un nuovo gioco di prestigio, far ripetutamente sparire anche il naturale arpione del Takeshi desnudo.

giovedì 14 aprile 2016

Alla porta di chi ride, fortuna giunge

Così discorrendo di questioni mediche, giungemmo infine presso la porta del villaggio, dove ci aspettavamo di essere accolti da inni al nostro eroismo. Invece, le porte rimasero ben serrate, mentre gli spalti delle mura si colmavano di gente apparentemente intenta a bisbigliare. Sembravano perplessi dal ritorno della fanciulla che stavamo accompagnando, salva.
«Abbiamo sconfitto il demone, vi riportiamo la fanciulla», proclamò Hiroshi.
Bisbigli.
«Abbiamo sconfitto il demone, vi riportiamo la fanciulla», riproclamò Hiroshi e estrasse dal sacco la testa del demone.
Ribisbigli, più stupiti, con un quasi impercettibile “...allora quella ragazza...”.
Prese la parola il padre della fanciulla, nonché capo del villaggio (quello che avrebbe saputo come ricompensarci), dicendo che eravamo stati bravi e chiedendo cosa volessimo in cambio.
«Quel che vuole la consuetudine», risposi. Avevo ancora un certo pudore a dire: “Uno di voi per merenda”. Pareva cinico.
L'uomo rispose che potevamo tenere sua figlia: lei era la prescelta per il sacrificio, lei aveva avuto l'onore di sacrificarsi per il villaggio. Padre snaturato. Ora, noi, che avevamo il cuore e non solo il cuore non ancora reso insensibile dalla morte, ci eravamo un poco affezionati alla ragazza, e ci spiaceva ora mangiarla. Del resto anche andare a letto senza cena non era piacevole.
«Ti sentiresti molto offesa se non ti mangiassimo?», chiesi alla ragazza, per evitare equivoci. Ella rispose, piangendo, che non l'avrebbe presa sul personale se l'avessimo risparmiata.
«Tecnicamente», dissi rivolto al padre, «lei era prescelta come sacrificio al demone, che pretendeva donne avvenenti. Quella partita è chiusa. A noi va bene anche una brutta, magari anziana...».
Sugli spalti ci fu qualche tentennamento, ma alla fine il padre non fu convinto. A quel punto Hiroshi sbottò: «E riprendetevi la ragazza!». E si voltò per andarsene. Lo seguimmo.

Bisbigli. “...allora quella ragazza non aveva detto il vero...”. Bisbigli.

domenica 10 aprile 2016

Quando il carattere di un uomo ti sembra indecifrabile, guarda i suoi amici 1 parte

È bello osservare la meravigliosa armonia del mondo, anche in questa desolazione di morte, quando si libera di un'aberrazione come quella del demone che avevamo appena sconfitto: le piante che sembrano odorare più forte, gli augellini che cantano, il rivo che gorgoglia dipresso, i vasti seni di Itomi che danzano ad ogni passo di lei nel sollievo della salvezza. Ella ci ringraziava quasi saltellando e ci invitava ad andare al suo villaggio, Jaigo, dove suo padre, il capo villaggio, avrebbe saputo come ricompensarci, anche se noi protestavamo che non era il caso di incomodare suo padre per la ricompensa: poteva pensarci lei.
Fatto sta che, dopo che Hiroshi ebbe tagliata la testa al demone, ci avviammo verso il villaggio, fra le ridenti colline. Era un vero peccato quanto poco si badasse a piante, augellini e rivo: forse ci saremmo lasciati pervadere da sentimenti di pace e non da quelli che ci presero in effetti. Comunque, era bello constatare che rispetto a quando eravamo vivi non eravamo cambiati poi molto, quanto ad istinti. Nacque così una dotta disquisizione sulla possibilità o meno dei morti di poter ancora amare, ancora avere un'erezione: c'era chi lo negava, per mancanza di circolazione sanguigna; chi asseriva che invece avevamo ancora sangue in noi, e che a comunque avevamo il controllo sui nostri arti. Alla fine, Takeshi risolse la questione guardandosi nei pantaloni.