
Mentre così ci interrogavamo, senza
avere risposte, ci addentrammo nella foresta che ci sparava da
Nagasaki. Improvvisamente, percepimmo la presenza di un vivo, ma non
riuscivamo a vederlo: era nascosto benissimo. Ataru ci fece segno di
proseguire, come se nulla fosse: lui avrebbe aggirato e catturato
l'uomo. Noi continuammo, mentre lui spariva fra le frasche.
Ed ecco, una successione di suoni: il
grugnito di un cinghiale; uno sparo che esplodeva nella nostra
direzione; un grido “Fermi! A quale unità appartenente?”; il
fischio di una fune; l'urlo di Ataru. Ci voltammo in direzione del
grido: davanti a noi, stava in piedi un ometto, con un fucile
dell'ultima guerra in mano e una fascia col Sol Levante intorno alla
testa. Alcuni metri dietro di lui, Ataru appeso ad un ramo tramite
una corda che gli legava le gambe. Era una trappola a lazo. Astuto
l'ometto. Nonostante tecnicamente ci avesse attaccato, ne fummo così
ammirati da risparmiarlo.
Hiroshi cominciò a qualificarsi con i
suoi gradi, e allora l'ometto depose l'arma, dichiarando di essere il
Tenente Curte San, dell'Esercito Nipponico, in missione speciale dal
1942. Quindi ci indicò quale strada seguire e sparì, lesto, in un
cespuglio.
Nuovo urlo di Ataru, che scendeva di
schianto dal ramo tagliando la fune, e fummo pronti a ripartire.