Lasciato
il leggendario ronin Batto, ci avviammo verso il tempio della
Sacerdotessa di Ise: la via più breve per Kyoto era passare per
Nakasaky. Avrei rivisto i luoghi nei quali ero vivo! Che effetto mi
avrebbero fatto?
Mentre
camminavamo, senza posa e senza sentire la fatica come accade a noi
Kami, discutevamo della nostra nuova condizione di Ronin: in quanto
morti, e quindi senza circolazione sanguigna, avremmo ancora avuto la
capacità di possedere una donna? Tali discorsi mi riportavano alla
memoria la giovane Gorumaru, mentre Ataru ricordava la sua Fiore di
Pesca scomparsa. Insomma, la passeggiata somigliava moltissimo ad una
cena fra vecchi compagni di classe che ricordano l'adolescenza.
Improvvisamente,
percepimmo l'avvicinarsi di esseri umani. Continuammo per la nostra
strada, finché il Destino non ci portò ad incontrarli. Erano
quattro uomini che trasportavano una portantina chiusa: non appena ci
intravidero, cominciarono a gridare:
«Gli
Oni, gli Oni!»
E
fuggirono via. In quel momento, emerse prepotente il mio antico
spirito di insegnante, e gridai di rimando:
«Kami!
Ingnoranti, siamo Kami, non Oni!»
Simultaneamente,
Ataru si lanciò al loro inseguimento, credo per illustrare meglio la
differenza. Noialtri, invece, ci avvicinammo alla portantina: dentro,
vi era una fanciulla le cui poppe ragguardevolissime fugarono
immediatamente ogni dubbio riguardo al tema discusso sino a poco
prima. Era spaventatissima, ma quando l'avemmo rassicurata sulle
nostre buone intenzioni e sulla nostra buona fede di Ronin (e quando
si fu resa conto che divorarla era l'ultimo dei pensieri che facevamo
al suo riguardo), ci raccontò la sua storia: uno spirito feroce
aveva attaccato il suo villaggio, aveva già sconfitto altri Ronin, e
l'unico modo di tenerlo a bada era stato quello di sugellare, con un
rito magico, un tremendo patto, ossia l'offerta, ogni anno, della
fanciulla più bella del paese.
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