Era
il quarto anno che l'orrendo rito si ripeteva, e non potevamo nemmeno
immaginare come potessero essere le tre fanciulle sacrificate negli
anni precedenti. L'ira ribolliva nei nostri petti (e non solo), così
giurammo che avremmo posto fine a quella schiavitù, e tra l'altro
non l'avremmo nemmeno voluta come sacrificio. Non come sacrificio
alimentare, quanto meno.
Decidemmo
subito una strategia. Innanzi tutto, la fanciulla avrebbe dovuto
spogliarsi, in modo da vestire uno di noi, Hiroshi, con quegli abiti
e chiuderlo dentro la portantina, che portammo entro le rovine di un
antico recinto sacro, che era il luogo dove veniva lasciata la
vittima. Noi ci appostammo attorno: Ataru leggermente discosto, con
il suo arco, noi più vicini. La ragazza rimase con noi, perché se
fosse tornata al villaggio sarebbe stata certo accusata di essere
fuggita al suo destino, mettendo tutti a rischio. Disgraziatamente,
Sasaki aveva un kimono da prestarle.
Attendemmo
sino al calare delle tenebre. Quando fu scuro, ma grazie alla luna
non così scuro che non si potesse vedere nulla, percepimmo una serie
di ombre avvicinarsi alla portantina. Guardammo meglio: erano dei
gatti scuri. Ma non i gatti carini e coccolosi, bensì inquietanti,
sebbene non facessero nulla di male, a parte assemblarsi in modo
innaturale. Improvvisamente, percepimmo una presenza, non viva ma
piena di potenza, sopra la portantina: un altro gatto, ma enorme,
lungo forse cinque metri, che era evidentemente lo spirito.
Era
il momento: balzammo all'attacco.
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