mercoledì 23 marzo 2016

Dare Koban ai gatti

Era il quarto anno che l'orrendo rito si ripeteva, e non potevamo nemmeno immaginare come potessero essere le tre fanciulle sacrificate negli anni precedenti. L'ira ribolliva nei nostri petti (e non solo), così giurammo che avremmo posto fine a quella schiavitù, e tra l'altro non l'avremmo nemmeno voluta come sacrificio. Non come sacrificio alimentare, quanto meno.
Decidemmo subito una strategia. Innanzi tutto, la fanciulla avrebbe dovuto spogliarsi, in modo da vestire uno di noi, Hiroshi, con quegli abiti e chiuderlo dentro la portantina, che portammo entro le rovine di un antico recinto sacro, che era il luogo dove veniva lasciata la vittima. Noi ci appostammo attorno: Ataru leggermente discosto, con il suo arco, noi più vicini. La ragazza rimase con noi, perché se fosse tornata al villaggio sarebbe stata certo accusata di essere fuggita al suo destino, mettendo tutti a rischio. Disgraziatamente, Sasaki aveva un kimono da prestarle.

Attendemmo sino al calare delle tenebre. Quando fu scuro, ma grazie alla luna non così scuro che non si potesse vedere nulla, percepimmo una serie di ombre avvicinarsi alla portantina. Guardammo meglio: erano dei gatti scuri. Ma non i gatti carini e coccolosi, bensì inquietanti, sebbene non facessero nulla di male, a parte assemblarsi in modo innaturale. Improvvisamente, percepimmo una presenza, non viva ma piena di potenza, sopra la portantina: un altro gatto, ma enorme, lungo forse cinque metri, che era evidentemente lo spirito.
Era il momento: balzammo all'attacco.

Nessun commento:

Posta un commento