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Mekura hebi ni ojizu
Blog dedicato alla nostra campagna a Sine Requie Il Trono di Crisantemo
martedì 19 novembre 2019
domenica 3 novembre 2019
Hiroshima (Titolo originale Nagasaki)
Un
forte guerriero si distingue per il coraggio, un eroe in più ha un
cuore. Così io vedo mio fratello Takeshi come vela spiegata di nave
che guida i naviganti nel tempestoso mare. Siamo alle porte di
Hiroshima, e dalle case sventolano stendardi della divisione militare
731, la stessa, che aveva massacrato la nostra famiglia nel giorno
del mio matrimonio e ci aveva reso morti cambiando per sempre la
nostra esistenza. Solo la città ci divide dalla nostra meta, il
tempio di Ise. La ragione direbbe di non attraversarla, ma raggirala.
Hiroshima a differenza di tutti i posti visitati non ha mura, non c’è
vegetazione e pur sentendo la presenza di vivi, ci sono pochissime
luci. Come tagliola nascosta nel sottobosco, la città aspetta
l’arrivo dell’orso che crede essere predatore, ma si si trova ad
essere preda.
Noi
discutiamo il da farsi e il Maestro è stranamente taciturno, aspetta
l’esito della decisione per agire, come camaleonte immobile che
attende la mosca alla sua portata di lingua. Takeshi incurante del
discorso, mosso più da umana ira che da ragione, si dirige verso la
città in cerca di vendetta. Lo seguiamo come gregge fa con il
pastore. Non ci chiediamo cosa fare, ma sappiamo che lo dobbiamo fare
per tutti i cari morti e per le vite che ci sono state tolte.
Il
nostro marciare è continuamente seguito dal borbottare di nostro
cugino Shoji, che ha la stessa utilità e il fastidio dello
scrocchiare di foglie calpestate nel sottobosco in una giornata
d’autunno.
Una
donna di facili costumi attira l’attenzione di Hiroshi che come
cane randagio, vedendo gli scarti di cibo, si lascia attrarre dalla
disgustosa preda. Lo vedo entrare nella casa della fanciulla, ma poco
dopo viene assalito da un gruppo di uomini. La stupidità nel non
capire, che fosse una trappola, è pari a quella delle mosche che si
lasciano morire in un bicchiere di acqua zuccherata. Non potendo, per
vincolo famigliare, lasciarlo in quella situazione, scaglio una
freccia esplosiva. La casa e i sui abitanti bruciano e con qualche
ustione sul petto e con i vestiti fumanti Hiroshi riesce ad uscire.
Come suo solito non ringrazia, come tacchino che mostra il petto non
sapendo che diventerà cena.
Yuko e
Takeko, che devo dire risultano essere molto più utili dei mie
parenti, fatta esclusione di Takeshi, trovano un carro su rotaia con
una gabbia al cui interno un uomo chiede il nostro aiuto.
Intelligentemente capiscono che è una trappola non certo come invece
fa Hiroshi. Non pago della prima imboscata decide di andare a vedere come ubriaco che per smettere beve sake.
Siamo
quindi costretti a seguirlo, il carro viene trascinato via e dopo
pochi metri sprofondiamo in una profonda buca. Un palo mi si conficca
nella gamba e Hiroshi riesce a fermare la caduta a nostro fratello
Takeshi. Gli altri sono fuori, ma non più gioiosa è la loro sorte.
Una parete di una casa si apre e un MG comandato automaticamente
scaglia centinaia di proiettili. Il bushido guida la loro traiettoria
come rondini che volano nel nido, tutte cercano di colpire il
maestro, fino ad ora rimasto passivo. Come cielo estivo che
d’improvviso diventa cupo e scarica la sua furia con tuoni e lampi,
così Sasaki sfodera la spada e devia ogni colpo con naturalezza di
battito d’ali di cigno.
Ormai
capiamo che la città è un’immensa minaccia come per un cervo un
branco di lupi. Tutti lo dovremmo aver capito… fatta esclusione di
Hiroshi che convince Takeshi a seguirlo a vedere il mitragliatore
appena usciti dalla buca. La bontà del bushido che per due volte lo
ha salvato non sembra esserle così benevola. Due bombe a mano cadono
dall’alto come bachi da seta piovono d’improvviso passeggiando
sotto un salice. Sentiamo solo l’esplosione e Hiroshi perde un
braccio e Takeshi la sua parte mascolina.
Non
abbiamo neanche il tempo di parlarci che si odono rumori e percepiamo
l’arrivare di un gran numero di vivi. Non ci resta che la fuga.
Uomini con lanciafiamme si vedono dalle vie laterali e un rumore dicolpi di mortaio arriva alle nostre spalle.
Come
branco di tonni circondati da squali siamo ormai solo prede per una
folle caccia.
Mi
volto, i miei fratelli, Yuko e Takeko bruciano. La vedetta, la
missione, le nostra vita…tutto è finito, ma solo nel momento più
triste si riceve la gioia più grande. Il maestro in fiamme decide di
dedicare a me l’ultimo abbraccio. Grazie del tuo dono ricco di
umano affetto come madre che abbraccia il figlio, così il sensei
cerca di proteggermi. Le nostre ceneri saranno unite per sempre e da
loro sboccerà un trono di crisantemi …
Gli insegnamenti del Sensei
Quando tutto sembra
finito, vediamo come tuono a ciel sereno il maestro sguainare la
spada nera di Musashi, visti i precedenti non mi avvicino. Dopo poco
si ferma e la rimette nel fodero. Takeshi chiede cosa sia capitato e
lui risponde di aver visto un drago nero con un occhio solo che lo
attaccava e la stessa visione l’aveva già avuta la notte
precedente facendoci vedere la sua spada rotta dopo aver detto che lo
aveva colpito. Takeko che sembra sappia tutto, non solo brava a
combattere, ma con una cultura fuori dal normale, come libro intriso
di ogni informazione, spiega che il mostro è il samurai Date
Masamune , che è stato un famoso combattente dopo la morte del
sensei e forse per questo lui non lo conosce. Per riguadagnare stima
agli occhi del maestro trovo una spada nuova di eccellente fattura
nella sala e inginocchiandomi ai suoi piedi come fiore che porge il
suo polline, la consegno al sensei.
Io e Yuko aspettiamo
nella stanza del naga il ritorno dei nostri compagni. Le nostre
ferite visibili farebbero capire alla gente che siamo morti, quindi
meglio uscire nella notte senza essere osservati.
Fuori dal villaggio
riprende il nostro viaggio, ma dopo poco una donna che piange ai
bordi della strada attira la mia attenzione. Le vado a parlare e lei
racconta che i Kappa hanno rapito suo figlio. Lo so che non sarebbe
nostro compito, ma il mio animo forse ancora troppo vivente, mi porta
a chiedere al maestro se possiamo aiutarla. Lui accondiscende, ma
chiede alla donna, che una volta salvato suo figlio, lei dovrà
sacrificarsi per noi, diventando nostro cibo. Subito le parole del
mastro mi sembrano esagerate, ma io come apprendista pittore non
riesco a vedere la magnificenza del disegno del mio sensei. La donna
si rifiuta e quando chiedo spiegazioni a Sasaki, lui risponde che la
sua era stata una prova. Se lei fosse stata una vera madre, si
sarebbe sacrificata e non ci saremmo cibati di lei perché l’amore
vince su tutto. Grazie maestro per come illumini il nostro cammino e
sai guidarci come uccello migratore fa con il suo stormo. Dopo tale
insegnamento, quieta i nostri animi e il nostro viaggio continua.
mercoledì 23 ottobre 2019
Come spugna lanciata nello stagno...
Quando tutto sembra
perduto una figura dall’alto piomba sulla naga. Io per il colpo
subito perdo un po’ i sensi e penso sia il maestro a infliggere il
colpo fatale alla creatura, mi riprendo e scopro con stupore che
invece è stato mio fratello Takeshi. Come bambino che per la prima
volta apre la finestra d’inverno e vede la neve, gioisco
nell’ammirar
lo, ma subito dopo arrivano i complimenti verso di lui
dal sensei. Come colpo alla bocca dello stomaco rimango senza fiato
per non essere il prediletto ai suoi occhi.
Finalmente il gruppo si
ricongiunge e vedo Yuko malconcia invece il maestro e Takeshi
illesi. Sicuramente mio fratello stando vicino al sensei come spugna
lanciata in uno stagno si è gonfiata delle conoscenze della nostra
guida. Loro ci raccontano di aver udito e visto l’esplosione della
freccia ed essere arrivati fino a noi seguendo le tracce che avevo
lasciato. Il bushido si è servito di me per risolvere il caso e io
come umile discepolo gioisco di tale dono, come ponte che sorregge un
esercito per permettere la sua avanzata.
Nelle viscere a pezzi del
naga troviamo degli occhi e decidiamo di prenderli, ne prendiamo
anche la testa per portare tutto al comandante delle guardie e
comunicare che la missione è compiuta.
domenica 20 ottobre 2019
Scontro mortale
Rivolgo il capo verso
l’oscurità, una voce femminile e affilata come lama di Katana
taglia il silenzio e un senso di inquietudine ci avvolge. Il suo
parlare sembra un sibilo e ringrazia due ninja del lavoro fatto.
Dall’oscurità sorge una Naga, che si avvicina per fare di noi il
suo pasto. Come sempre si addice a chi attacca, la Naga sferra il suo
colpo sul più forte. Vengo trafitto dalla sua coda a forma di spada
sul petto. Un grosso squarcio si apre sul cuore.
Dall’alto come falco
sull’ignara vipera, vediamo avventarsi Takeko sulla creatura, che
le provoca una profonda ferita. Come suono di sirena, che avvisa la
popolazione di agire, così siamo chiamati al contrattacco, io e mio
cugino Shoji rompiamo le catene. Sapere che i nostri compagni sono
giunti e soprattutto nei pressi c’è il maestro rigonfia il mio
petto squarciato. Iniziamo quindi una pugna contro il mostro, spinti
dal tintinnio di Katana, che si odono poco distanti come chicchi di
grandine che si scagliano sui tetti.
L’avversario è
superiore a noi, ma dobbiamo resistere fino all’arrivo del sensei
Sasaki. I due ninja, impauriti dalla veemenza con cui combattiamo io
e Takeko, si comportano come avvoltoi che cercano solo carne di
animali morti e inoffensivi e decidono di rivolgere la loro
attenzione su Shohi. Sono senza il mio arco, ma la determinazione che
mi guida supera le mie paure, come fioca candela nella notte cerco di
risplendere agli occhi del maestro.
Takeko con furia continua
a colpire l’essere come tigre mai doma e sempre affamata, io le
sferro un colpo quasi mortale e la Naga si avventa su di me come onda
di maremoto su esile vascello.
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