Un
forte guerriero si distingue per il coraggio, un eroe in più ha un
cuore. Così io vedo mio fratello Takeshi come vela spiegata di nave
che guida i naviganti nel tempestoso mare. Siamo alle porte di
Hiroshima, e dalle case sventolano stendardi della divisione militare
731, la stessa, che aveva massacrato la nostra famiglia nel giorno
del mio matrimonio e ci aveva reso morti cambiando per sempre la
nostra esistenza. Solo la città ci divide dalla nostra meta, il
tempio di Ise. La ragione direbbe di non attraversarla, ma raggirala.
Hiroshima a differenza di tutti i posti visitati non ha mura, non c’è
vegetazione e pur sentendo la presenza di vivi, ci sono pochissime
luci. Come tagliola nascosta nel sottobosco, la città aspetta
l’arrivo dell’orso che crede essere predatore, ma si si trova ad
essere preda.
Noi
discutiamo il da farsi e il Maestro è stranamente taciturno, aspetta
l’esito della decisione per agire, come camaleonte immobile che
attende la mosca alla sua portata di lingua. Takeshi incurante del
discorso, mosso più da umana ira che da ragione, si dirige verso la
città in cerca di vendetta. Lo seguiamo come gregge fa con il
pastore. Non ci chiediamo cosa fare, ma sappiamo che lo dobbiamo fare
per tutti i cari morti e per le vite che ci sono state tolte.
Il
nostro marciare è continuamente seguito dal borbottare di nostro
cugino Shoji, che ha la stessa utilità e il fastidio dello
scrocchiare di foglie calpestate nel sottobosco in una giornata
d’autunno.
Una
donna di facili costumi attira l’attenzione di Hiroshi che come
cane randagio, vedendo gli scarti di cibo, si lascia attrarre dalla
disgustosa preda. Lo vedo entrare nella casa della fanciulla, ma poco
dopo viene assalito da un gruppo di uomini. La stupidità nel non
capire, che fosse una trappola, è pari a quella delle mosche che si
lasciano morire in un bicchiere di acqua zuccherata. Non potendo, per
vincolo famigliare, lasciarlo in quella situazione, scaglio una
freccia esplosiva. La casa e i sui abitanti bruciano e con qualche
ustione sul petto e con i vestiti fumanti Hiroshi riesce ad uscire.
Come suo solito non ringrazia, come tacchino che mostra il petto non
sapendo che diventerà cena.
Yuko e
Takeko, che devo dire risultano essere molto più utili dei mie
parenti, fatta esclusione di Takeshi, trovano un carro su rotaia con
una gabbia al cui interno un uomo chiede il nostro aiuto.
Intelligentemente capiscono che è una trappola non certo come invece
fa Hiroshi. Non pago della prima imboscata decide di andare a vedere come ubriaco che per smettere beve sake.
Siamo
quindi costretti a seguirlo, il carro viene trascinato via e dopo
pochi metri sprofondiamo in una profonda buca. Un palo mi si conficca
nella gamba e Hiroshi riesce a fermare la caduta a nostro fratello
Takeshi. Gli altri sono fuori, ma non più gioiosa è la loro sorte.
Una parete di una casa si apre e un MG comandato automaticamente
scaglia centinaia di proiettili. Il bushido guida la loro traiettoria
come rondini che volano nel nido, tutte cercano di colpire il
maestro, fino ad ora rimasto passivo. Come cielo estivo che
d’improvviso diventa cupo e scarica la sua furia con tuoni e lampi,
così Sasaki sfodera la spada e devia ogni colpo con naturalezza di
battito d’ali di cigno.
Ormai
capiamo che la città è un’immensa minaccia come per un cervo un
branco di lupi. Tutti lo dovremmo aver capito… fatta esclusione di
Hiroshi che convince Takeshi a seguirlo a vedere il mitragliatore
appena usciti dalla buca. La bontà del bushido che per due volte lo
ha salvato non sembra esserle così benevola. Due bombe a mano cadono
dall’alto come bachi da seta piovono d’improvviso passeggiando
sotto un salice. Sentiamo solo l’esplosione e Hiroshi perde un
braccio e Takeshi la sua parte mascolina.
Non
abbiamo neanche il tempo di parlarci che si odono rumori e percepiamo
l’arrivare di un gran numero di vivi. Non ci resta che la fuga.
Uomini con lanciafiamme si vedono dalle vie laterali e un rumore dicolpi di mortaio arriva alle nostre spalle.
Come
branco di tonni circondati da squali siamo ormai solo prede per una
folle caccia.
Mi
volto, i miei fratelli, Yuko e Takeko bruciano. La vedetta, la
missione, le nostra vita…tutto è finito, ma solo nel momento più
triste si riceve la gioia più grande. Il maestro in fiamme decide di
dedicare a me l’ultimo abbraccio. Grazie del tuo dono ricco di
umano affetto come madre che abbraccia il figlio, così il sensei
cerca di proteggermi. Le nostre ceneri saranno unite per sempre e da
loro sboccerà un trono di crisantemi …
Sono basito, l'impresa seppura eroica aveva le stesse possibilità di riuscira che ha un uomo che affronta carro armato usando un apriscatole.
RispondiEliminaUn plauso ed una preghiera per il nobile Goromaru ed i suoi compagni!
=_=
Grazie è stata una nobile avventura
RispondiEliminaIl blog cmq non morirà altri eroi e altri luoghi sono all'orizzonte
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