Cammina cammina, giungemmo ad una casa
al limitare del bosco. Posammo le armature e ci avvicinammo, curiosi
e affamati. Quando stavamo chiedendoci se per caso non fossimo usciti
da un gioco di ruolo horror per entrare in una fiaba per bimbi, ecco
che un tizio fu scaraventato fuori direttamente da una finestra.
Tutto era a posto. Immediatamente dopo, dalla porta uscì una donna
di truce bellezza con quattro scagnozzi, tutti inequivocabilmente
tatuati come Yakuza. “Non farti più vedere nella mia bisca. Questa
la gestiamo noi”, tuonò lei, aggressiva. Per risultare più
convincenti, gli scagnozzi accompagnarono le parole della tipa con
una caterva di botte, dopo le quali il tizio scaraventato fuori si
allontanò zoppicando.
Subito Ataru lo seguì, curioso di
sapere che cosa fosse successo. Ma noi, PG più esperti, sapevamo
che il posto migliore per raccogliere informazioni sono sempre le
bische e le locande. Infatti, Ataru fu maleducatamente mandato a quel
paese dal tizio malmenato, e quando tornò alla bisca notò che gli
scagnozzi tatuati stavano trafficando col suo cavallo.
Che era successo? Molto semplice:
eravamo entrati, avevamo chiesto dei sakè ma il costo era di 500
yen! Ovviamente non avevamo di che pagare, ma Hiroshi si dichiarò
disposto a giocare ai dadi scommettendo il cavallo di Ataru contro
1000 yen. Per fortuna della buona pace familiare, vinse, e anzi
lanciò un'ulteriore sfida: 500 yen per il miglior bevitore di sake!
Come morto, sapeva di essere imbattibile, ma si impegnò al massimo
per interpretare la parte dell'ubriaco.
Vinta anche questa sfida e lasciata una
generosa mancia, uscimmo, pronti a ripartire verso Nagasaki. Ma prima
che potessimo slegare i cavalli, uscì anche la tipa tatuata con i
suoi immancabili scagnozzi e ci chiese chi fossimo. Forse aveva già
subodorato qualcosa, ma quando Ataru si presentò come Peppino San,
ella intuì che stavamo fornendo nomi falsi e si disse irritata per
questo. Io le feci notare che la sua irritazione ci era del tutto
indifferente. Al che, lei ribadì con aria più vanamente minacciosa
che la irritava essere presa in giro, e che non potevamo pensare di
entrare in Nagasaki senza documenti, a meno che lei non mettesse una
buona parola per noi.
Deliberammo che ci era del tutto
indifferente anche entrare in Nagasaki e riprendemmo la nostra
strada.
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